Una breve introduzione ai principali problemi giuridici legati al c.d. “e-commerce” – parte 2 di Luca-M de Grazia E-COMMERCE
febbraio 2000 Continuando il discorso iniziato con il primo articolo, vorrei puntualizzare alcuni aspetti relativi alla impossibilità di sottoscrivere via web ovvero anche attraverso delle e-mail scambiate con il c.d. “consumatore”, un contratto che contenga delle clausole c.d. “vessatorie”. 1341 – Condizioni generali di contratto 1342 – Contratto concluso mediante moduli o formulari. 1469-bis – Clausole vessatorie nel contratto tra professionista e consumatore.
[IV] Se il contratto ha ad oggetto la prestazione di servizi finanziari a tempo indeterminato il professionista puo’, in deroga ai numeri 8) e 11) del terzo comma:
preavvisando entro un congruo termine il consumatore, che ha diritto di recedere dal contratto. [V] Se il contratto ha ad oggetto la prestazione di servizi finanziari il professionista puo’ modificare, senza preavviso, sempreche’ vi sia un giustificato motivo in deroga ai numeri 12) e 13) del terzo comma, il tasso di interesse o l’importo di qualunque altro onere relativo alla prestazione finanziaria originariamente convenuti, dandone immediata comunicazione al consumatore che ha diritto di recedere dal contratto. [VI] I numeri 8), 11), 12) e 13) del terzo comma non si applicano ai contratti aventi ad oggetto valori mobiliari, strumenti finanziari ed altri prodotti o servizi il cui prezzo e’ collegato alle fluttuazioni di un corso e di un indice di borsa o di un tasso di mercato finanziario non controllato dal professionista, nonche’ la compravendita di valuta estera, di assegni di viaggio o di vaglia postali internazionali emessi in valuta estera. [VII] I numeri 12) e 13) del terzo comma non si applicano alle clausole di indicizzazione dei prezzi, ove consentite dalla legge, a condizione che le modalita’ di variazione siano espressamente descritte. Gli articoli sopra riportati stanno a significare che in tutte le situazioni che in qualche modo rientrino nell’ambito delle normativa non possono essere stipulati via web. Sussiste poi l’ulteriore problematica data dalla circostanza che in molti casi i contratti proposti non hanno una struttura ed un contenuto univoci, e questo porta l’interprete (cioè il giudice e l’avvocato) a cercare di individuare un nucleo base del contratto senza alcun appiglio normativo, come invece accade per i contratti c.d. “tipici” previsti dal codice civile ovvero a quelli (quali per esempio il leasing) che hanno subito nel corso di lunghi anni una precisa delimitazione da parte della giurisprudenza. La conseguenza pratica è che qualsiasi parere legale si possa dare si basa quindi su di un criterio di probabilità, di buon senso e non può essere motivato adeguatamente non potendo avere (ancora) il supporto necessario dell’orientamento dei giudici sul punto controverso; in altre parole, non esistono ancora i c.d. “precedenti giurisprudenziali”. Tale situazione viene poi aggravata dal disposto del Decreto Legislativo n.185/99, di attuazione della direttiva 97/7/CE, il quale si riferisce alla protezione dei consumatori (e quindi dei c.d. utenti finali tipici del B2C) in materia di contratti a distanza; per tal motivo detta una serie di obblighi a carico del fornitore (quindi venditore o intermediario), che agisce nel quadro della propria attività professionale, nella fase anteriore alla conclusione del contratto ( art.3 ), nella fase di formazione del contratto (art.4 e art.10 sul previo consenso del consumatore in caso di uso di sistemi automatizzati di chiamata da parte del fornitore ) ed infine nella fase di esecuzione (art. 6 e 9 ); mentre afferma esplicitamente all’art.11 l’imperatività dei diritti che il presente decreto riconosce in capo al consumatore essendo nulla ogni pattuizione in contrasto con questi stessi diritti. Per inciso tale legge vieta espressamente il c.d. “spamming”, sia attraverso fax sia attraverso e-mail. All’art.1 si definisce l’oggetto della disciplina in esame, che risulta essere: il contratto avente per oggetto beni e servizi; stipulato tra un fornitore e un consumatore (quindi utente non professionale); nell’ambito di un sistema di vendita o di prestazione di servizi a distanza organizzato dal fornitore che, per tale contratto, impiega esclusivamente una o più “tecniche di comunicazione a distanza” fino alla conclusione del contratto e compresa la conclusione del contratto stesso. Da ciò, se ne dovrebbe dedurre che la presenza fisica anche di uno solo dei contraenti dovrebbe escludere l’applicazione della normativa in esame. Molto probabilmente si, almeno nei casi in cui il contratto abbia ad oggetto un bene o servizio che possano essere “distribuiti” in maniera automatica da un qualsiasi software applicativo, come, per esempio, l’acquisto di un software direttamente dalla pagina web del fornitore, con immediato download del programma stesso, senza alcun intervento di “umani”, almeno dalla parte del fornitore. La disciplina in esame non si applica neanche ai contratti conclusi in occasione di una vendita all’asta. Appare quanto meno singolare la circostanza che l’art. 18 del Dl.Lgs 31.03.1998 n.114 vieti espressamente le aste “telematiche” e che una legge di poco posteriore ammetta esplicitamente l’esclusione delle aste dall’ambito applicativo della presente legge. Se ne dovrebbe dedurre, dal raffronto delle normative, ivi espressamente compreso l’art. 1, lettera 2) della Legge 11.06.1971 n.426 sul commercio (dove viene definita l’attività di commercio al minuto) e dalla collocazione del divieto (rubrica: Vendita per corrispondenza, televisione, o altri sistemi di comunicazione) che sia vietata la vendita “a mezzo dello strumento dell’asta” di beni propri (cioè del fornitore) mentre dovrebbe rimanere lecita, e per di più esclusa dall’ambito di applicazione della presente legge, l’attività di colui che svolga professionalmente “intermediazione”, che – tra l’altro – viene considerata dal Consiglio di Stato non come mediazione, ma come “agenzia d’affari”. Infatti è stato escluso che l’attività delle agenzie di vendita all’asta sia da equiparare all’attività di mediazione di cui alla Legge 20 marzo 1913 n. 272 (Consiglio di Stato 17 gennaio 1984 n. 259, in Foro Italiano, Repertorio 1986, voce Commercio (disciplina del) n. 54). Per i contratti a distanza non è ovviamente prevista alcuna forma scritta, la quale invece è richiesta per quelle informazioni preliminari indicate all’art.3 comma 1 che, evidenziate dal fornitore prima della conclusione del contratto, devono essere confermate per iscritto o su altro “supporto duraturo” a disposizione del consumatore e a lui accessibile prima o al momento della esecuzione del contratto. Essendo tale onere per il fornitore precisamente esposto nei termini e nei modi, è logico supporre che costui dovrà fornire tali informazioni assicurandosi che il consumatore le riceva e non semplicemente metterle a sua disposizione. Come ulteriore conseguenza, con specifico riferimento ad Internet, quindi, sarà necessaria quanto meno una e-mail indirizzata direttamente e specificatamente al “consumatore” e non soltanto la messa a disposizione di tali informazioni in una pagina web, anche se appare facile opporre che una e-mail non costituisca un “supporto duraturo”. La violazione degli obblighi suindicati è, contemporaneamente, fonte di responsabilità contrattuale per il fornitore e oggetto di sanzione amministrativa; mentre solo per la violazione dell’obbligo la mancata comunicazione della evidenza commerciale dell’offerta è prevista la nullità del contratto (art. 3 comma 3); purtroppo nulla si dice su come si possa provare l’inadempimento del fornitore nel caso specifico. Pertanto, in questo caso, occorrerà fare riferimento alle normativa generale già esistente, e – di conseguenza – si dovrà fare riferimento al generale principio dell’onere della prova, con tutte le conseguenze del caso (ovviamente sfavorevoli per il consumatore e favorevoli per il fornitore). In conclusione, praticamente tutte le sanzioni comminate dalla legge in esame potrebbero rivelarsi, all’atto pratico, del tutto inutili, per i motivi appena chiariti. L’art. 5 disciplina l’esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore, successivo alla conclusione del contratto, senza penalità né spese per costui se non quelle di restituzione e solo se espressamente previste nel contratto. terza ipotesi è che il fornitore abbia trasmesso le informazioni ex art. 4 dopo la conclusione del contratto ma entro tre mesi dalla conclusione stessa, in questo caso il termine decorre dal momento dalla acquisizione delle notizie e il diritto deve essere esercitato entro 10 gg. L’art. 5 precisa poi le limitazioni all’esercizio del diritto di recesso, salvo diverso accordo delle parti; le modalità di esercizio; la restituzione del bene. Questa serie di precisazioni suonano come obblighi per il consumatore che intende avvalersi del diritto di recedere il contratto, in mancanza, infatti, il fornitore non è tenuto alla restituzione delle somme versate dal consumatore (art.5 comma7 ). Sempre legato al giusto esercizio del diritto è la risoluzione per legge del contratto di credito concesso al consumatore (art.5 comma 8); con l’obbligo del fornitore di comunicare l’avvenuto recesso del contratto a distanza al terzo concedente il credito e la possibilità per quest’ultimo di ripetere le somme versate al fornitore stesso. Per quanto concerne tale aspetto peculiare, occorre in questa prima fase ricordare che, di norma, si dovrebbe intendere come “contratto di credito” sia le varie forme di “finanziamento” per l’acquisto di beni e/o servizi, sia la semplice utilizzazione di qualsiasi carta di credito o bancomat. Pertanto, se non vi sono particolari problemi nel considerare l’annullabilità del contratto di finanziamento, sicuramente sorgono dei problemi nell’utilizzazione delle carte di credito in particolare. In effetti con la utilizzazione delle carte di credito si conferisce mandato irrevocabile all’istituto emittente ed alla banca di “appoggio” di pagare l’importo indicato al fornitore; pertanto, alla luce del significato letterale di tale disposizione, dovrebbe discendere la conseguenza logico – giuridica della nullità di tale mandato nelle ipotesi di utilizzazione del mezzo di pagamento in relazione all’oggetto della presente legge. L’esecuzione del contratto ex art. 6 deve avvenire entro 30 gg. che decorrono dal giorno successivo a quello in cui il consumatore ha trasmesso l’ordinazione; quindi viene fissato dal legislatore un termine finale per l’esecuzione del contratto da parte del fornitore, anche in questo caso per una generale esigenza di certezza del diritto. In caso di inadempimento incombe sul fornitore l’obbligo di informazione (circa l’impossibilità di adempiere la propria prestazione) ed il rimborso di somme eventualmente già percepite. La disposizione prevede poi l’ipotesi di fornitura diversa, per la quale occorre il previo consenso del consumatore, e non di fornitura tardiva, per la quale, conseguentemente, è possibile ipotizzare un accordo delle parti. Si dovrebbe ritenere che tale norma sia stata inserita al fine di tutelare il consumatore nei confronti degli Istituti di Credito in relazione alle possibili truffe e comunque agli usi “non autorizzati” delle carte di credito, proprio perché l’onere della prova rimane in capo al consumatore. Rimane aperto il problema della portata generale della norma ovvero della sua limitazione ai soli contratti ai quali si riferisce la legge in esame. La legge dà diritto del gestore (istituto di credito) di rivalersi sul fornitore delle somme riaccreditate al consumatore; rimane anche in questo caso aperta la questione del recupero delle spese da parte del “gestore”, anche se la soluzione probabilmente dovrebbe essere positiva, in quanto l'”uso fraudolento” deve essere posto in essere o dal fornitore stesso o da un terzo. E’ fatto divieto di forniture non richieste (art.9 ) se corredate da richiesta di pagamento, in tal caso il consumatore è esonerato da prestazioni corrispettive e comunque è irrilevante il silenzio di costui in caso di mancata risposta. Nel terminare questa seconda parte, segnalo la necessità di fare riferimento al “problema sicurezza” ed alla normativa dettata dalla 675/96 e dal relativo regolamento per le c.d. “misure minime” di sicurezza, che con ogni probabilità esaminerò nel prossimo articolo. © Tutto il materiale presente sul sito, in qualunque forma espresso, è protetto dalle leggi sul diritto d’autore. |